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Questo blog contiene diversi articoli dedicati alla convivenza, alle relazioni e ai rapporti personali. Ma in carcere questi argomenti come si declinano?
È davvero possibile stringere amicizie o iniziare storie amorose come ci fanno credere le serie tv del momento?
In questo articolo andremo a scoprire come si convive davvero in prigione.
Il fenomeno “mare fuori”
I rapporti dietro le sbarre nati tra detenuti, hanno sempre affascinato una grande fetta di pubblico televisivo, che ha portato al successo serie tv come “Orange is the new Black” e “Vis a Vis”, ambientate in penitenziari americani e spagnoli.
La trama si basa proprio sulla vita di donne criminali e sulla loro quotidianità; sono gli amori e le amicizie nati in quel contesto cupo ad attirare spettatori, che emozionandosi si sentono parte della storia.
È stata però l’uscita della serie “Mare Fuori” ad aumentare esponenzialmente la nostra curiosità verso questa realtà poco conosciuta.
Tra le mura dell’Istituto minorile di Nisida osserviamo le giornate di giovani detenuti che scontano pene per crimini gravi e siamo testimoni della nascita di legami e antipatie.
Dalle immagini cinematografiche traspare una convivenza caratterizzata da diversi dissapori e litigi, ma soprattutto da forti amicizie e relazioni passionali tra i carcerati.
Il personaggio iconico di Carmine Di Salvo, per esempio, sviluppa un’affinità fraterna con diversi detenuti, così come un rapporto amoroso con Rosa Ricci.
Ci sembra quindi che nonostante il contesto e l’ambiente in carcere sia possibile convivere pacificamente e stringere legami d’amicizia e amore, ma è davvero così?
La vera convivenza dietro le sbarre
La vita in galera, luogo in cui persone che hanno commesso sbagli di diversa entità intraprendono un percorso di riabilitazione, non è facile. I detenuti passano in media 20 ore in celle minuscole; sono perciò costretti a condividere con i propri compagni di cubicolo la maggior parte della giornata e lo stesso spazio personale.
Nelle ore d’aria invece possono interagire con il resto dei carcerati e ampliare le proprie conoscenze.
Risulta quindi difficile mantenere un clima di serenità e convivialità: già parte dei carcerati possiede tratti di personalità e caratteri non facili da gestire, in più la convivenza in spazi ristretti e soffocanti, privi di privacy e condivisi con le stesse persone rende difficile tenere alti i livelli di tollerabilità e pazienza.
Si scatenano così frequenti risse e litigi, spesso aggravati da episodi di violenza e aggressioni.
Al contrario delle vicende narrate in “Mare fuori” le condizioni in cui vivono i detenuti sono degradanti e spesso subiscono vessazioni sia dai propri compagni che dalle autorità.
Tutto ciò porta quindi a un decadimento della salute mentale, spesso con come conseguenza atti di suicidio. Questo influenza inevitabilmente i rapporti che si instaurano all’interno di questa convivenza forzata.
L’amicizia all’interno del carcere
Stringere legami di amicizia è un’impresa ardua in generale, figuriamoci nel contesto appena descritto.
I detenuti difficilmente hanno capacità di ascolto, sono impegnati a pensare al proprio destino, ai propri errori e a ciò che hanno lasciato fuori dalle mura penitenziarie.
Non c’è la voglia quindi di pensare a problemi altrui o disgrazie ulteriori che non fanno parte della propria vita. L’ascolto è fondamentale per costruire un rapporto vero e duraturo, per gettare le basi di una relazione sana e solida: senza di esso è improbabile riuscire a creare affinità autentiche.
In aggiunta a tutto ciò dobbiamo ricordarci anche della presenza di individui corrotti, criminali e approfittatori, che fingono simpatie per ottenere vantaggi o unirsi a pezzi forti nell’ambito di attività criminali.
Non è quindi solo difficile trovare degli amici, ma è necessario anche guardarsi le spalle, analizzare con occhio critico le persone con cui si entra in contatto e cercare di intercettare quelle che cercano solo interessi.
È anche vero che tutto ciò, seppure con sfumature diverse, succede anche nel mondo esterno. Dipende dalla personalità dei singoli individui.
Il contesto inoltre può al contrario favorire la nascita di legami duraturi. I detenuti si trovano infatti soli, lontani dai propri cari e, condividendo le stesse esperienze, paure e sofferenze possono trovare nei compagni un punto di riferimento, con cui darsi forza a vicenda.
È forse per questo che Carmine Di Salvo e Rosa Ricci si aggrappano ai propri compagni di cella per superare i momenti di difficoltà.
Rosa Ricci e l’amore inverosimile
Le relazioni amorose eterosessuali, al contrario di quanto mostrato nella serie ambientata al carcere di Nisida, sono pressoché impossibili, in quanto i due sessi vengono divisi in penitenziari o unità distinte.
Frequenti sono invece i rapporti omosessuali, sia per proprio orientamento sessuale, sia per scaricare la pulsione dovuta all’impossibilità di avere rapporti con persone dell’altro sesso.
Purtroppo però la discriminazione, l’omofobia e l’odio raggiungono alti livelli in questo contesto, ed è per questo che la maggior parte dei suicidi tocca proprio gli omosessuali.
Tra le mura della prigione si consumano inoltre molteplici violenze sessuali, che contribuiscono a creare ulteriori traumi ai detenuti.
Questi sono infatti privati del diritto di affettività, di affetto, e ciò porta allo sviluppo di problemi relazionali, di socializzazione e di natura sessuale.
È necessaria quindi una riforma che permetta ai carcerati di conservare questa sfera della vita, per aiutarli a rientrare in società, educandoli nel modo corretto e non torturandoli aumentando ulteriormente i traumi da elaborare.
La storia tra Rosa e Di Salvo, così come quella tra Pino e Kubra, è quindi un elemento fittizio, esclusivamente frutto dell’immaginazione del regista per attrarre il pubblico amante del romance, ma nella realtà le storie d’amore tra detenuti sono tutt’altro che da favola.
Stentano ad esistere, soprattutto se consideriamo il sentimento vero e puro e non i rapporti prettamente fisici e carnali.
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Vita da coinquilini detenuti
In conclusione, la convivenza tra coinquilini detenuti non rispecchia quella mostrata dalle serie tv: è cruda, difficile, ricca di violenza e povera di legami sinceri e duraturi. Il carcere non è quello raccontato da “Mare fuori”, è un ambiente ostile, infernale, freddo e grigio.
Si tratta di un percorso mirato alla rieducazione e alla risocializzazione, che spesso però dimentica l’obiettivo principale e incute solo violenza e traumi.
Rosa Ricci, Carmine, Pino, Kubra e tutti i ragazzi del carcere di Nisida esistono veramente, rappresentano tutti i giovani che hanno perso la dritta via, che sono cresciuti in contesti familiari criminali, che stanno cercando di rimediare agli errori passati.
I legami mostrati, di amore e amicizia, invece no, non sono reali, sono prettamente fittizi. Infondono negli spettatori più giovani e con meno capacità critica l’idea che la prigione sia quasi un’occasione per stringere amicizie fraterne o trovare l’amore vero, ma la realtà è ben diversa.
Convivere è complicato, scombussola gli equilibri di coppie solide, fondate su un sentimento di affetto profondo.
Quanto deve essere difficile quindi condividere ogni singolo spazio, minuto e attività della propria quotidianità con altre centinaia di persone con alle spalle crimini efferati, disturbi mentali, personalità disturbate o passati difficili.
Forse alla fine non è poi così grave se il proprio compagno lascia i piatti nel lavandino, i vestiti fuori posto o il dentifricio aperto.
Letture sulla convivenza in carcere
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Sono una ragazza che per esprimersi preferisce imprimere parole su carta o fogli Word, piuttosto che la voce. La scrittura è il mezzo di comunicazione che preferisco, l'unico con cui riesco a farmi sentire davvero. L'empatia è il mio punto di forza, con il quale riesco a connettermi con il mondo circostante.
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