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Convivenza more uxorio: come si dimostra
Dimostrare la convivenza more uxorio significa dimostrare di essere una coppia affiatata e stabile che coabita, il modo più semplice è quello di presentare un certificato di convivenza.
Per ottenere il certificato di convivenza va presentata, anche da solo uno degli interessati, una specifica autocertificazione presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di residenza, se approvata, l’Ufficio rilascerà il certificato di residenza e lo stato di famiglia per la coppia e gli altri interessati.
In effetti per dimostrare la convivenza more uxorio, dal punto di vista legale, sono sufficienti questi due documenti: il certificato di residenza (che specifica la casa di convivenza) e lo stato di famiglia (che attesta gli individui presenti all’interno della famiglia).
La presenza di figli nella coppia e di contratti cointestati (come il mutuo o il contratto di convivenza) possono funzionare da prove dell’esistenza di una convivenza di fatto stabile; la stabilità del legame affettivo può anche essere comprovata da testimonianze di terzi.
Questi ultimi metodi sono particolarmente utili per dimostrare la convivenza delle coppie di fatto, per accedere ai diritti della convivenza more uxorio il metodo più semplice e diretto rimane comunque quello del certificato di convivenza.
Convivenza o coppia di fatto? Cosa significa convivenza more uxorio? E convivenza anagrafica? Cosa spetta a chi è in una convivenza di fatto? Come si dimostra la convivenza?
In questo articolo risponderò a queste domande e molte altre, spiegando in cosa consiste la convivenza di fatto e quali sono i diritti dei conviventi di fatto secondo la legge italiana, e cercando di fare chiarezza tra i vari termini che vengono utilizzati in questo campo.
Convivenza di fatto. Cos’è e come funziona in Italia.
Convivenza significa molto più di condividere la stessa casa, è anche condividere un legame sentimentale e una progettualità, allo stesso tempo è difficile dare una definizione esaustiva del concetto, anche per la legge italiana.
Ad esempio, c’è un dibattito aperto sul momento esatto in cui la convivenza ha inizio, non c’è un numero di anni prestabilito dopo i quali si diventa una coppia di fatto.
I requisiti e le regole della convivenza sono alquanto vaghi, in questo modo gli organi giudiziari possono applicare misure diverse in base alla situazione.
Bisogna anche ricordarsi che spesso è il diritto a seguire i cambiamenti di idee ed esigenze nella società, ed è quindi una disciplina mai perfetta in costante evoluzione, anche per quanto riguarda le leggi sulla convivenza di fatto.
Ma cosa significa questa parola, convivenza?
Convivenza: significato
Come parola deriva dal latino “convivio” (banchetto) ed è composta dai segmenti “con” e “vivere”, rispettivamente “insieme” e “vivere”, si può quindi intendere come vivere insieme.
Nell’accezione più generale due o più persone convivono, quindi, quando per un periodo vivono insieme nello stesso luogo, questa è l’unica condizione necessaria.
Per quanto riguarda la legge e il senso comune, invece, con convivenza di fatto si indica anche la presenza di un legame affettivo o di parentela tra i conviventi, in assenza del quale si parla di convivenza anagrafica.
La differenza principale tra conviventi e coniugi sarebbe proprio la mancanza dell’istituzione del matrimonio, tanto che in passato la convivenza era definita concubinato, questo ha comportato l’esclusione dai diritti riservati agli sposi.
In tempi recenti, grazie a passi avanti legislativi, è diventato possibile usufruire di alcuni dei diritti (spiegati più avanti) tipici dei coniugi ma questo vale solo per la convivenza di fatto
Che differenza c’è tra convivenza e convivenza di fatto
Va quindi fatta una distinzione tra l’accezione generale di convivenza, che indica il semplice abitare insieme, e la convivenza di fatto riconosciuta legalmente che richiede la presenza di un rapporto stabile e quella di legami affettivi e di reciproca assistenza.
La convivenza di fatto va attestata tramite una specifica dichiarazione di convivenza da presentare presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di residenza.
In questo modo la convivenza di fatto diventa ufficiale e può essere anche definita convivenza formalizzata per distinguerla da quella non registrata in Comune, detta anche convivenza non formalizzata o semplice; nei fatti la coppia si comporta nello stesso modo e il certificato di convivenza di fatto è ciò che distingue queste due modalità di convivenza.
L’argomento sembra complicarsi quando si introducono le coppie di fatto.
Che differenza c’è tra convivenza e coppia di fatto?
Le coppie che effettivamente vivono come se fossero sposate, pur non essendolo, si possono definire coppie di fatto, i partner quindi coabitano e si sostengono reciprocamente sia per i bisogni materiali che quelli affettivi.
Questa definizione non sembra molto diversa da quella di convivenza non formalizzata, infatti, anche qui l’unica distinzione con la convivenza di fatto è l’assenza di un certificato di convivenza.
Si può dire quindi che le coppie di fatto sono formate da persone che convivono ma hanno deciso di non registrare la loro relazione in Comune, sono quindi equiparabili alla condizione di convivenza non formalizzata, mentre la convivenza di fatto viene quasi solo usata per indicare la convivenza formalizzata.
La differenza tra matrimonio e convivenza
Sono entrambe istituzioni giuridiche che inquadrano il rapporto tra due persone definendo gli obblighi di ciascuno nei confronti dell’altro, in entrambe vi sono dei diritti e doveri in comune tutelati dalla legge mentre alcuni sono ancora esclusivi del matrimonio.
La differenza principale è che per matrimoni e unioni civili si tiene conto della discriminante del sesso dei coniugi (per i primi deve essere opposto e per le seconde uguale) mentre per la convivenza di fatto è irrilevante.
Gli obblighi reciproci fondamentali del matrimonio sono la fedeltà, l’assistenza morale e materiale, la collaborazione e la coabitazione.
È quindi compito di ciascun coniuge rispondere alle esigenze familiari contribuendovi fisicamente o economicamente, ciò vale anche per il mantenimento, educazione ed istruzione dei figli nati dal matrimonio.
Venire meno a questi obblighi li fa cadere per entrambe le parti, ad esempio allontanarsi dalla casa senza una giusta causa fa decadere il dovere dell’altro di sostenere materialmente o moralmente il coniuge.
Nella convivenza, soprattutto quella non formalizzata, la maggior parte di queste obbligazioni sono poste da un punto di vista morale e non giuridico.
Se i conviventi hanno meno doveri hanno però anche meno diritti, ad esempio un convivente è esente dall’obbligo di fedeltà, non ha diritti sull’eredità dell’altro, inoltre non gli spettano assegni di mantenimento in caso di separazione e non può adottare salvo casi particolari.
Ciò che abbiamo detto sul matrimonio vale in linea generale anche per le unioni civili (esclusi obbligo di fedeltà e possibilità adozione), forse capire la differenza tra queste istituzioni potrà aiutarvi nella difficile scelta tra matrimonio e convivenza.
Nel prossimo paragrafo parlerò invece dei diritti e doveri delle coppie di fatto
Coppia di fatto: significato
Per chiarire, secondo la legge italiana le coppie di fatto sono quelle coppie che convivono pur non avendo un contratto di matrimonio e non essendo registrate in Comune come conviventi, rimangono quindi le condizioni di coabitazione e di reciproca assistenza morale e materiale.
Prima dell’introduzione delle unioni civili in Italia, qualunque coppia coabitasse senza essere sposata era considerata una coppia di fatto, per le unioni omosessuali questo era l’unico statuto giuridico che ne regolasse la convivenza.
Sebbene le coppie di fatto non siano riconosciute giuridicamente, nel corso del tempo sono stati creati dei precedenti che hanno definito cosa spetta ai membri di una coppia di fatto.
Famiglia di fatto: significato
Per famiglia di fatto si intende un nucleo familiare dove una coppia stabile convive e assolve ai diritti e doveri tipici del matrimonio, pur non essendo sposati.
Di solito si parla di famiglia di fatto quando sono presenti determinati requisiti, come la qualificazione della convivenza come tale (si intende la presenza di una progettualità e del sostegno reciproco morale e materiale), il riconoscimento della coppia come famiglia da parte della società, la stabilità della relazione e l’assenza dell’atto di matrimonio.
Visto che l’ufficialità della convivenza non è necessaria per costituire una famiglia di fatto, dal punto di vista legale possiede gli stessi diritti delle coppie di fatto, la differenza sta nell’uso comune della parola che fino a qualche anno fa era utilizzata unicamente per indicare coppie di sesso opposto.
Guarderemo adesso i diritti delle coppie di fatto (o famiglie di fatto).
Coppie di fatto: diritti e doveri
Come ho detto nessuno degli strumenti di tutela delle coppie di fatto è stato decretato giuridicamente, per tutelarsi sarà sempre necessario registrare la convivenza di fatto in Comune, è solo in sede di tribunale che, a seguito di problematiche derivate dalle crisi di coppia e dalle separazioni, si è cercato di individuare e definire i diritti delle coppie di fatto.
Anche se non è necessario iniziare un procedimento legale per separarsi in una coppia di fatto queste tutele sono state poste per permettere ai coniugi di poter essere indipendenti dopo la separazione.
Allo stato attuale delle cose ad esempio ciascun membro della coppia di fatto ha un diritto di possesso sulla casa in cui abita, in parole povere pur non essendo proprietario o intestatario dell’abitazione il partner non può essere allontanato senza preavviso o una buona ragione e può permanere anche dopo lo scioglimento della coppia per il tempo strettamente necessario a trovare una sistemazione.
In caso della morte dell’altro, il convivente sopravvissuto che vive in affitto e non fosse già intestatario del contratto di locazione, ha il diritto a subentrarvi fino alla naturale scadenza dello stesso.
Sempre in caso di morte di uno dei due, in questo caso solo se avvenuta per fatto illecito altrui, al convivente superstite spetta un risarcimento danni pari a quello che avviene per i coniugi.
Per ottenere il risarcimento è però necessario dimostrare ragionevolmente che la convivenza tra i due fosse stabile e che senza il fatto illecito altrui sarebbe proseguita nel tempo.
Non si ha invece alcun diritto di ricevere la pensione di reversibilità per familiari superstiti, che spetta solo ai consanguinei e ai coniugi (in questo caso vi rientrano anche le unioni civili).
Si nota anche l’assenza dell’obbligo alla reciproca fedeltà, la cui trasgressione in un matrimonio potrebbe comportarne lo scioglimento, almeno da un punto di vista legale.
C’è anche da sottolineare come il reato di maltrattamenti in famiglia sussista a prescindere dall’esistenza di un contratto di matrimonio o della formalizzazione della convivenza ed è quindi perseguibile anche quando si presenti in coppie di fatto.
Infine, adesso analizzeremo qualche casistica di separazione in coppie di fatto.
Le separazioni in coppie di fatto con figli
La separazione è un momento delicato, soprattutto quando ci sono di mezzo figli e quattrini, in questo caso gli strumenti di tutela sono rivolti principalmente al mantenimento del tenore di vita dei figli delle coppie di fatto e meno a quello dei genitori.
Il dovere di mantenimento dei figli nati in una coppia di fatto prescinde dallo status anagrafico dei genitori ed è obbligatorio dal momento che si mette al mondo il bambino, anche dopo la separazione, per quanto riguarda le spese straordinarie queste vanno divise a metà tra i genitori.
Le regole riguardanti il diritto di visita e l’affidamento condiviso dei figli sono le stesse per le coppie di fatto e quelle sposate, salvo condizioni particolari, i genitori hanno diritto alla stessa quantità di tempo da passare col figlio.
Per quanto riguarda la casa familiare si tende a lasciare vivere il figlio nella stessa casa dove è cresciuto.
Purtroppo, non essendo riconosciuti legalmente, gli ex-partner non hanno diritto all’assegno di mantenimento o agli alimenti dopo la separazione nelle coppie fatto, per tutelarsi è necessario accordarsi in precedenza in forma scritta.
Se non è possibile costituire un fondo patrimoniale, riservato ai coniugi, per tutelare i figli nati in una coppia di fatto i genitori possono comunque istituire un trust o un vincolo di destinazione nei loro confronti.
Più tutele sono riservate invece a chi vive in convivenza more uxorio.
Il contratto di convivenza
Nella convivenza di fatto, il contratto di convivenza permette di disciplinare i rapporti economici della vita in comune, in sua assenza la coppia vive sempre nel regime patrimoniale di separazione di beni.
Il contratto di convivenza è un accordo privato che va redatto in forma scritta a pena di nullità presso un notaio o un avvocato e può assumere la forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata e può contenere direttive sulla vita durante o dopo la convivenza.
La semplice scrittura privata tra le due parti non costituisce un contratto di convivenza.
Per avere una validità legale di fronte a terzi (ad esempio per il certificato di convivenza) il contratto di convivenza deve essere trasmesso dallo stesso avvocato o notaio che l’ha redatto o autenticato.
Ora vedremo più precisamente cosa può contenere il contratto di convivenza.
A cosa serve il contratto di convivenza?
Con il contatto di convivenza è possibile disciplinare la propria vita sentimentale ponendo determinati obblighi, simili a quelli del matrimonio, è utilizzabile quindi da tutte quelle coppie di fatto che intendono tutelarsi economicamente e regolarizzare la propria convivenza di fatto.
Le obbligazioni possono riguardare la durata ma anche la fine della convivenza di fatto e la loro eventuale trasgressione può essere discussa in tribunale, una volta sottoscritto il contratto.
Di solito un contratto di convivenza contiene l’indicazione della casa di residenza, le modalità di contribuzione alle necessità comuni (in base alle possibilità di ciascuno) e il regime patrimoniale di comunione dei beni (che può essere modificato in qualunque momento).
Legalmente, il contratto di convivenza non può contenere termini o condizioni, nel caso fossero presenti queste hanno validità solo tra i due partner e non in sede di tribunale.
Al contratto di convivenza vengono applicate le leggi nazionali dei contraenti o quelle del luogo dove si svolge la convivenza.
Ad esempio, il contratto di convivenza viene considerato nullo se redatto da persone che sono già in una relazione ufficializzata (matrimonio, unioni civili o altra convivenza), da persone non conviventi di fatto, da individui minorenni, da persone interdette giudizialmente o in caso di condanna per delitto.
Il contratto di convivenza può essere risolto in caso di accordo tra le parti ma anche per recesso unilaterale, inoltre viene risolto nel caso almeno uno dei conviventi entri in un matrimonio o unione civile o in caso di morte dell’altro.
In pratica viene risolto quando la convivenza di fatto si interrompe, in questi casi il contratto di convivenza può aiutare a regolare la divisione dei beni e l’eventuale separazione del patrimonio.
Ma come si fa un contratto di convivenza?
Contratto di convivenza: come fare
Come abbiamo detto prima i presupposti sono che i due siano conviventi di fatto, maggiorenni, non interdetti e non vincolati da rapporti di parentela.
Il contratto di convivenza può essere redatto, presso un avvocato o notaio, tramite una scrittura privata autenticata; in alternativa è possibile andare da un notaio e redigerlo sotto forma di atto pubblico.
Per i contratti che prevedono il trasferimento di diritti reali immobiliari è sempre necessaria la forma dell’atto pubblico.
Vista la varietà di opzioni ed esigenze personali, è bene prendersi un po’ di tempo per analizzare tutte le possibili situazioni in cui ci si può ritrovare e predisporre all’interno del contratto di convivenza, anche aiutati da un esperto di diritto, delle clausole adatte a gestire le vare problematiche che si possono incontrare.
Sarà poi compito dell’avvocato (o notaio) che autentica il contratto di convivenza attestarne la conformità alle norme legislative e al rispetto dell’ordine pubblico; la forma dell’atto pubblico, essendo standardizzata, è sempre nel rispetto della legge.
Costi del contratto di convivenza
Per redigere un contratto di convivenza si deve sempre passare dal notaio o dall’avvocato, il costo del contratto di convivenza sarà quindi la loro parcella.
I costi del contratto di convivenza possono variare in base all’entità del patrimonio, alla sua eterogeneità (da quanti tipi di beni diversi è composto) e in generale dalla complessità degli accordi che si vuole prendere, sia che si scelga la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata.
In linea di massima il costo può oscillare fortemente dalle diverse centinaia di euro (il costo di base è di circa 700 euro) alle migliaia (per patrimoni particolarmente ingenti si può anche arrivare ai 3000 euro).
In ogni caso conviene non andare alla cieca e chiedere prima un preventivo all’avvocato (o notaio).
In alcuni casi anche il recesso del contratto di convivenza può essere subordinato al pagamento di una multa penitenziale, questo tuttavia viene deciso in fase di redazione.
Rimane solo una delle domande iniziali ancora senza risposta: cos’è la convivenza anagrafica?
Ho aperto Convivendo.net nel 2008, per raccontare il mondo della convivenza, delle sfide quotidiane e della vita di coppia.
Nella vita sono imprenditore e libero professionista, con la passione della scrittura.
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