E ora il primo (l’unico?) uomo tra i nostri finalisti @AsinoMorto che ci parla di figli. Non siamo ancora arrivati agli Efelanti, ma capiamo benissimo. E voi? Godetevi questa boccata di … infanzia!
Diciamolo subito. L’errore più grande della mia vita è stato avere figli.
Quei piccoli mostri ti tolgono il respiro, ti succhiano l’anima e non sto esagerando. Se penso a tutto quello che mi hanno fatto passare, mi verrebbe voglia di abbandonarli al primo autogrill. Vabbè, sto scherzando… però, insomma, che barba che noia, che barba.
I primi anni di matrimonio, quelli si che erano bei tempi. Avevamo deciso di sposarci, mettendo in conto che avremmo fatto un numero di figli oscillante tra il due e il tre, ma con calma, senza fretta, prima si doveva costruire un rapporto. Come si dice, fondere due identità in una o quasi, diciamo una e mezzo, una e tre quarti.
Ed è importante, perché la convivenza, civile, religiosa o in qualsiasi altra forma e foggia, non è una passeggiata, è un continuo camminare su un filo di rasoio, quella linea sottilissima che sta tra il rispetto dell’altro e il rispetto di se stesso.
Insomma, si voleva partire dalle fondamenta e poi costruire la casa e le fondamenta eravamo noi. Solo noi due, tranquilli, con tutto il tempo a disposizione per leggere, viaggiare, stare tra di noi e altre cose che si immaginano. La vita di coppia è una bella invenzione.
Poi, un bel giorno sono arrivati loro e tutto è cambiato. Improvvisamente, quello che era un sereno e tranquillo rapporto tra liberi esseri umani, è diventato una via di mezzo tra un sadico trattamento di detenzione e una incessante Cavalcata delle Valchirie tipo “Apocalypse Now” e noi eravamo quelli che scappavano dagli elicotteri.
Bang, addio tempo, addio tranquillità.
Le notti insonni perché non si addormenta, gli occhi che si chiudono e non ti passa mai. E il giorno dopo, solo sbadigli e vorresti solo dormire e sei nervoso, litigi per niente e ti arrabbi per nulla.
Le volte che torni a casa dal lavoro e ti accolgono solo pianti e urla e adesso tocca te a tenerli e tu non ne hai più e ti trascini in giro, come una specie di zombi. Perché deve essere tutto così difficile ?
I fine settimana passati a giocare alle bambole e ai peluche, alle costruzioni o al Didò o, … devo continuare ? E’ una fatica per tutto. Solo per andare a fare la spesa, ci vuole una preparazione che nemmeno lo sbarco in Normandia, in quanto a logistica.
E poi i cartoni animati visti decine di volte, fino allo sfinimento e al cinema solo Pixar. E meno male, perché mi ricordo ancora quella volta che abbiamo visto “Winnie The Pooh e gli Efelanti”, 80 minuti che hanno ridefinito il concetto di noia assoluta.
E le rinunce, le cose che ti vorresti comprare, ma non lo fai perché prima bisogna pensare a loro, al futuro, che diventa una specie di incubo e io che volevo vivere alla giornata.
E poi con la tua donna, che ci sono altre priorità e bisogna rubare qualche momento per noi, tra una nanna e una pappa. E ti viene da ridere, se non da piangere, perché ogni tanto si riesce a guardarsi di nuovo negli occhi e si vorrebbe scappare via, tornare al mondo degli adulti.
Una prigione, insomma. E ti viene il dubbio che sarebbe stato meglio rimanere in due, eterni fidanzati, tutto il mondo a disposizione. Due è il numero perfetto, lo sanno tutti.
Certo, insomma, non voglio fare il cinico, quello che vede nero in tutto quello che succede. Ci sono anche momenti belli, improvvisi lampi di luce che restano e ti ritornano in mente, quando meno te lo aspetti.
Perché con i bimbi, ogni momento è una sorpresa e non sai mai le cose belle che tirano fuori, le invenzioni e i sorrisi. Bisogna solo saperle guardare, concentrarsi.
E, effettivamente, ci sono state certe notti, passate con la bimba in braccio e tu in braccio ai tuoi pensieri e il silenzio e vedi l’alba e sei sereno perché ora, proprio ora si è addormentata.
E come faccio a dimenticare quelle volte che torni a casa ed è tutto un sorriso e occhi felici e sai che hanno bisogno di te, lascia, faccio io che tu sei stanca.
O quei fine settimana, a giocare e ridere e scherzare e cantare e sei distrutto ma si arriva a sera che poi tutti dormono e ti salutano ciao papà e sono felici e non c’è niente di più bello dello sguardo di un bambino, quando ha quella luce, proprio quella luce, di quando ha giocato con te.
E anche sui film e i cartoni animati, che poi grazie al cielo c’è la Pixar, perché altrimenti, solo coniglietti rosa, mini pony e Winnie the Pooh. Anche se in fondo, povero Winnie The Pooh, a guardarlo meglio, non è poi così male, ti tranquillizza e ridi pensando che Hi-Ho è l’unico essere vivente più sfigato di te.
E tutte quelle cose che compravi che poi non ti servivano proprio a niente, meglio fare un regalo alle bimbe che sono state brave, sono sempre contente se le fai un regalino e va bene così, che me ne faccio di un telefono nuovo, il mio va ancora benissimo, per quello che lo uso. Bisogna pensare al futuro, sono i nostri figli, non possiamo vivere alla giornata.
E il rapporto con la tua donna, la vedi sopportare fatiche che nemmeno un cavallo da tiro e tu sei lì, distrutto a raccogliere le briciole e se c’è l’amore, si rafforza. Se c’è il rispetto, cresce. E siamo parte di un progetto e ogni piccola soddisfazione, ogni brevissimo momento di gioia, te lo porti dentro e l’abbiamo fatto assieme. E ogni sguardo rubato è una conquista, un sorriso da mettere via.
E alla fine, quando riesci a fermarti e a pensare, ti rendi conto di una semplice verità, che quasi ti stupisce nella sua banalissima semplicità. Che non riesci a ricordare nemmeno un momento felice, che valga la pena di essere ricordato, nel quale non ci sia la tua pazza, incasinata, insopportabile famiglia a farti compagnia.
Questo è quello che conta. E una famiglia, in due non basta, è come se mancasse qualcosa, l’amore è qualcosa che ha bisogno di essere nutrito e più si ama, più si ha bisogno di qualcuno da amare e non esiste qualcosa come “famiglia troppo numerosa” o “famiglia tranquilla”. E’ famiglia, e basta.
E allora tutto diventa chiaro e semplice e naturale. Tutto acquista un senso.
Perché non lo fai per le soddisfazioni, che non arriveranno. Non lo fai per i parenti o per la società o per seguire un idealizzato modello di comunità perfetta. E non lo fai nemmeno per te stesso. Lo fai semplicemente perché senti che è la cosa giusta da fare, l’unica cosa, veramente giusta da fare.
E finalmente capisci che i figli sono il modo più veloce per rovinarti le giornate, ma il modo migliore per dare senso ai tuoi anni.
E allora la stanchezza sparisce e rimane solo la faticosa, devastante, meravigliosa avventura di far parte di una famiglia. E, alla fine, sorridi.
Ecco l’ho detto. Devo essere impazzito.
[talk]Qualcosa sull’Autore.Unendo con la matita tutti i miei pensieri, si comporrebbero disegni che non metterei su nessun curriculum. Così scrive nella sua presentazione. E in effetti, un giro sullo straordinario blog di @AsinoMorto, Lpado.blog, Un Blog francamente superfluo vi stupirebbe per i temi e la vastità di spunti. Tra una risata e l’altra, ovviamente! Altro che punti! [/talk]
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Ho aperto Convivendo.net nel 2008, per raccontare il mondo della convivenza, delle sfide quotidiane e della vita di coppia.
Nella vita sono imprenditore e libero professionista, con la passione della scrittura.
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